Dove sarò domani?

Vi sarà già capitato o vi capiterà di aprire Google e scrivere “guida alla scelta universitaria” o “quale università fa al caso mio”, o magari “cosa devo fare della mia vita da qui a Settembre?”.

Adesso parlo di me, con il solo obiettivo di offrire un punto di vista, non di certo una “guida”.

A Google, lo scorso anno, ho rivolto un’infinità di domande assurde e, nonostante questo, la mia scelta ha avuto un tempo di incubazione lunghissimo. Mi ero convinta di dover cercare in una sfera di cristallo quale fosse la cosa giusta da fare e ci son voluti dei mesi per capire che nessuno, tanto meno un oggetto, aveva la risposta che serviva a me.

Dentro di me era iniziata una guerra civile, una dura lotta tra SOGNI e PAURE.

Ci sono i sogni.

Ci sono i nostri sogni, quelli che teniamo nella nostra sfera più intima, personale e tante volte rimangono nascosti persino a noi stessi.

Ci sono i sogni che gli altri hanno per noi: i sogni di mamma e papà che, quando alziamo la voce, ci dicono che saremmo dei buoni avvocati e i sogni della nonna che per risparmiare ci consiglia, disinteressatamente, di studiare medicina;

Ci sono persino i sogni dei nostri insegnanti: i sogni del professore della materia in cui rendiamo di più, di quello che legge in noi una predisposizione su cui non vogliamo puntare; il sogno di chi ci ha fatto pensare di non doverci avvicinare ad un campo di competenza perché non fa per noi e ce ne ha presentato uno opposto.

Il problema è che non credo serva trovare un compromesso tra i sogni altrui per realizzare il proprio.

Credo che non possiamo sottrarci dal valutare il contesto in cui viviamo, le esigenze familiari e le possibilità che offrono la società e il territorio in cui vogliamo vivere.

Rapportiamo il nostro sogno alle nostre paure, sfidiamoci al massimo senza cadere nell’incoscienza.

Scopriamo cosa vorrà dire concretamente la nostra scelta, è il momento di chiedere aiuto a chiunque abbia delle informazioni, dei consigli, delle esperienze.

Regola fondamentale: tenere distanti coloro che hanno da vendere verità assolute.

A questo punto bisogna partire, metaforicamente per chi studierà in città e concretamente per chi andrà lontano da casa.

Questa fase richiede un’ampia conoscenza di sé stessi, di cosa ci è indispensabile.

C’è chi spedisce armadi interi, scarpiere, soprammobili di qualche decennio prima e gioielli di famiglia come se alla sua partenza la casa dovesse essere venduta;

c’è chi porta con sé malloppi di foto e impacchetta lettere di fidanzati, amici e parenti per sentirli più vicini;

c’è chi parte con una valigia piccolissima, con dentro qualche maglioncino e poco altro, con la convinzione di dover ricostruire i suoi ricordi da capo.

C’è chi scappa dall’idea di nostalgia e chi cerca di porvi rimedio anticipatamente.

Esistono infiniti modi di affrontare questa crisi e, a parer mio, l’unica strada è quella che in fondo, già conosciamo, il problema è solo riuscire a vederla.

Questa può essere una delle storie che avrei voluto leggere l’anno scorso ed è per questo che ho pensato di raccontarla; spero che qualcun altro abbia voglia di farlo.

“È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare.”
Robin Williams nel film L’attimo fuggente.

Scritto da Alessia Vadalà

Alessia studia Scienze Giuridiche presso l’Università degli Studi di Perugia.