Il dato che permette la statistica: la storia di Matteo

Immagina ritrovarti sul letto di ospedale, dopo una normalissima giornata a mare… Ma facciamo un passo indietro.

Che bello mio fratello mi ha chiesto di fare un giro in barca. È bellissimo andare al mare, soprattutto in barca. Corro a prepararmi. Sento mio fratello “Matteo! Muoviti!” Allora cerco di fare in fretta, ero in bagno, mi stavo rinfrescando la faccia quando sento un dolore lancinante alla testa, credo che non è il caso di uscire. Esco dal bagno, lo avviso, ma inizio a balbettare, perdo totalmente le facoltà comunicative nell’arco di 10 secondi, mi accascio a terra con l’aiuto dei miei familiari, ora sono in ospedale, dopo numerosissimi esami, alcuni inviati anche all’estero per studi, mi viene diagnosticato il Moyamoya, una malattia asiatica che colpisce le arterie, rendendole estremamente più piccole rispetto a come dovrebbero essere. Statisticamente parlando, solo una persona su 100.000 ne è affetta, non è risolvibile, se non con la chirurgia, bypassando ogni vaso sanguigno malformato, cura che, ovviamente, non garantisce tanta sicurezza. 
Mi ritrovo qui, su un letto d’ospedale, sono passati 10 giorni dall’ictus, non riesco a muovere niente della parte sinistra del mio corpo, il dottore crede che la causa sia la malattia asiatica. Ho fatto gli esami per averne la conferma arriverà tra qualche mese.

Sono risultato negativo, non sono affetto da quella sindrome. Ho dovuto aspettare un anno per poter ottenere i risultati, ma ne è valsa la pena! È difficile avere gli esiti, soprattutto quando si tratta di malattie rare. Ma ancora non muovo il braccio… cammino per come posso. Uso spesso la sedia a rotelle, perchè mi stanco.

Sono Matteo, ho 17 anni, sono passati 4 anni dall’ictus. Cammino senza l’ausilio del bastone! Ancora però non muovo la mano… ma sto scrivendo un articolo sulle malattie rare. L’ictus pediatrico, nel mio caso, colpisce in media un adolescente ogni 200.000. Quando mi resi conto che avrei fatto parte di quella media, mi fu molto difficile metabolizzare, tutti ti vedono come speciale, unico, tu ti vedi fuori luogo, strano, pensi sempre “perché proprio a me?”. Attualmente, dopo 4 anni, mi rispondo ironicamente, pensando che sono il dato (l’1) che permette di effettuare la statistica (su 200.000).

Matteo Iero, 4SIB